Dove c’è malessere sociale le mafie cercano di imporsi come alternativa allo Stato, raccogliendo una massa di individui per assicurarsi la linfa criminale indispensabile per la sua esistenza.
È vastissimo l’ambito politico, economico e sociale sul quale esse esercitano il loro potere: Franco Ferrarotti, in un’importante inchiesta sociologica del 1967 sulla mafia in Sicilia, presentata alla Commissione parlamentare antimafia, ha messo in risalto come l’organizzazione sia caratterizzata da una sfera di influenza estesissima. Il potere mafioso, infatti, interessa la società a tutti i livelli, può sostituirsi interamente al potere esecutivo, interferire nell’amministrazione della giustizia, e influenzare alcune deliberazioni legislative attraverso i legami con il mondo politico.
Quando parliamo di cosa nostra, così come per la ‘ndrangheta e la camorra, parliamo di organizzazioni criminali presenti già prima del compimento dell’unità d’Italia (1861), e che quindi hanno più di centocinquant’anni di storia (la sacra corona unita e le altre organizzazioni mafiose pugliesi nascono fine degli anni ’70 del XX secolo).
E non dimentichiamoci che le mafie sono capaci di accumulare con i loro business illegali ogni anno centinaia di miliardi di euro, di interloquire con la finanza mondiale tramite collaboratori di fiducia di provata competenza, quest’ultimi vicini all’organizzazione ma non inseriti in modo formale nella stessa (i cd. colletti bianchi) e quindi più difficili da individuare perché “puliti”.
La mostra che si presenta vuole ripercorrere le vicende che hanno segnato con inaudita ferocia e macabra violenza, la storia del nostro Paese ed in particolare quella della Prima Repubblica.
Riportare all’attenzione i drammatici fatti di sangue che hanno caratterizzato la lotta alle organizzazioni mafiose ha un duplice obiettivo: il primo ha carattere storico, ovvero si sente la necessità in un momento di “profonda crisi dei valori sociali” di conservare nella memoria fatti atroci e sofferenze generate alle vittime ed ai loro familiari; il secondo invece vuole rappresentare un monito per le future generazioni, che quanto accaduto in passato non deve “assolutamente” ripetersi se si vuole continuare a vivere in una società segnata da una democrazia compiuta, che vede nei principi di libertà e dignità due valori insostituibili di riferimento della Costituzione.
La mostra si arricchisce di documentazione storica dell’Arma dei Carabinieri, riguardo la repressione del Prefetto Mori e dell’azione intrapresa dai Carabinieri Reali contro la “maffia” (come indicato nei verbali) in Sicilia e in Calabria, in quanto in quell’epoca non esisteva ancora la parola ‘ndrangheta.
Violenza, omicidi, ferimenti, omertà, attentati dinamitardi, usura, estorsioni, agguati, danneggiamenti, incendi, abigeato (nell’800 e nei primi anni del ’900 molto praticato e che metteva in ginocchio soprattutto i contadini poveri), sono fattori che contraddistinguono il comportamento delle mafie nella loro storia, permettendo così di capire oggi, come le mafie autoctone, siano riuscite a diventare quella “potenza” criminale a livello mondiale.
La mostra e le pagine web sono a cura della Pontificia Academia Mariana Internazionalis, Dipartimento di analisi studio e monitoraggio dei fenomeni mafiosi e criminali, Liberare Maria dalle Mafie. Testi e cartografie a cura di Fabio Iadeluca, elaborazione grafica di Gianfranco Calandra. Documenti e fotografie: DIA – Direzione Investigativa Antimafia, Commissione parlamentare antimafia, Museo storico dell’Arma dei Carabinieri, Consiglio superiore della magistratura, L’Avvenire, ANSA.
La Pontificia Academia Mariana Internationalis, il Centro Islamico Culturale d’Italia – Grande Moschea di Roma e il Museo delle Civiltà propongono questa mostra come esempio per un “patto tra le generazioni” un’alternativa alla cultura della solitudine, della paura, dell’insicurezza, dell’abbandono, della dimenticanza, dell’immagine, dell’ignoranza, della forza e della violenza, su cui le mafie e le criminalità in genere costruiscono le basi del loro sviluppo, della loro propaganda e della loro mortale pedagogia, sia tra gli adulti sia tra i giovani.
La fraternità che accomuna i credenti si concretizza anche nei percorsi di cittadinanza, attraverso i quali si contribuisce al benessere integrale del Paese in cui si vive e si viene accolti.
Questa comune ricerca della giustizia richiede sia la conoscenza della storia, sia l’impegno ad arginare le organizzazioni criminali, terroristiche e mafiose che seminano povertà e morte.
Un impegno a contrastare con la mitezza chi, con la sua violenza, impedisce la costruzione di un futuro di prosperità per tutti gli esseri umani e lo stesso pianeta, permette inoltre di riproporre insieme nella riflessione culturale collettiva la questione filosofica e antropologica del monoteismo sottraendola all’equazione monoteismo=violenza che si sta diffondendo sempre di più.
Per aiutare nella comprensione di alcuni termini e dei principali fatti di cronaca, consulta il Glossario.
Per comprendere la diffusione delle mafie in Italia e nel mondo consulta Distribuzione geografica.
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